Il medico deve capire quanto la psiche del paziente sia stata “disorganizzata” dalla malattia, preoccupandosi di riportare quell’ordine e quella pace che soli possono permettere allo Shen di abitare
pacificamente nel corpo, apportando tranquillità, serenità, voglia di vivere.
Il medico deve essere in grado di osservare i propri Shen, sapendo cogliere in essi il turbamento che determina il viaggio “shamanico”, all’interno del paziente.
Lo Shen del terapeuta deve essere fissato sul Dao, sulla "Via", ponendo al centro l’uomo.
In questo modo l'agopuntura induce nel paziente dei processi d’autoguarigione e non è importante solo l'infissione dell'ago, ma anche la modalità della terapia, che non deve essere percepita dal
paziente come un'aggressione, cosa cui sarebbe portato a fare essendo l'ago un oggetto puntuto penetrante, ma come un ausilio alla ricerca di un ritrovato “ben/essere”.
L'agopuntura viene spesso associata alle psicoterapie.
Non è un abbinamento recente; infatti anche anticamente, era associata alla cosiddetta "Terapia delle emozioni con le emozioni", sia in epoca Ming, che precedentemente.
È una delle tante riscoperte frutto della parziale liberalizzazione in corso in Cina, che ha permesso lo studio di opere ritenute scomparse, dopo i roghi della rivoluzione culturale.
È importante, infatti, che la ricerca non si limiti a studi di casistiche e dimostrazioni anatomo-funzionali, mediante le nuove tecniche di imaging, ma riscopra il sapere degli antichi e dei nostri antenati,
frutto eterno dell'incomparabile genio umano.
Il punto dev'essere stimolato con modalità diverse, a seconda del paziente e del suo stato psichico del momento, a volte, è meglio ricorrere al meno invasivo massaggio, altre, è meglio limitarsi alla parola.